Cercherò di farvi rivivere le emozioni che i laghi delle Dolomiti tra bellezza e leggende hanno suscitato in me raccontandovi la visita e la scoperta di alcuni di questi magnifici specchi d’acqua sono legati.
Nella personalissima “classifica” il più affascinante rimane il Lago di Carezza: situato in Val D’Ega, sulla strada per il Passo Costalunga, ha la fortuna che le sue sorgenti sotterranee nascano in una conca naturale al centro di un bosco di larici e abeti rossi che, prima del passaggio della tempesta Vaia del 2018, arrivavano a lambire la circonferenza delle acque cristalline multicolore dove si specchiano due dei gruppi montuosi più apprezzati da tutti gli escursionisti in Estate e sciatori in Inverno, il Catinaccio ed il Latemar. Proprio la varietà del colore delle sue acque che spaziano dal verde brillante al blu cobalto per poi schiarire in un delicato turchese fino a raggiungere alcune sfumature di rosso, hanno dato vita ad uno dei soprannomi con cui è conosciuto questo lago, “il lago dell’arcobaleno”, soprannome dovuto anche alla leggenda della Ninfa Ondina che andrò a raccontarvi brevemente ed è legata a questo magnifico specchio d’acqua.
“Questa ninfa deliziò con il suo canto melodioso i viandanti che salirono al Passo di Costalunga. Un giorno, anche lo stregone di Masaré la sentì cantare e si innamorò perdutamente della ninfa. Egli usò tutti i suoi poteri per conquistare la fatina del lago senza riuscirvi. Così lo stregone chiese aiuto alla strega Langwerda, che gli consigliò di travestirsi da venditore di gioielli, di stendere un arcobaleno dal Catinaccio al Latemar, e di recarsi quindi al Lago di Carezza, un lago a ben 1.520 m di altitudine, per attirare la ninfa e portarla con sé.
Così fece: stese il più bell’arcobaleno mai visto sino ad allora tra le due montagne e si recò al lago, ma dimenticò di travestirsi. La ninfa rimase stupita di fronte all’arcobaleno colorato di gemme preziose. Ma ben presto si accorse della presenza del mago e si immerse nuovamente nelle acque del lago. Allora non fu più vista da nessuno. Lo stregone, distrutto dalle pene d’amore, strappò l’arcobaleno con le gemme dal cielo, lo distrusse in mille pezzi e lo gettò nel lago.
Questa è la ragione, perché ancora oggi il Lago di Carezza (Karersee) risplende tutti gli stupendi colori dell’arcobaleno, dall’azzurro al verde, dal rosso all’indaco, dal giallo all’oro. In lingua ladina, il lago è noto appropriatamente come “Lec de Ergobando”, Lago dell’Arcobaleno.”
Anni fa una scultura della bellissima Ninfa Ondina è stata deposta sul fondo del lago e, nelle stagioni di scarse precipitazioni con conseguente abbassamento del livello di acqua, si riesce ancora ad intravedere.
Continuiamo alla scoperta dei I laghi delle Dolomiti tra bellezza e leggende. Dalla Val d’Ega ci spostiamo ora in Val di Non, nella provincia di Trento e nel parco naturale del Adamello-Brenta ad una altitudine di 1178 mt, si trova il Lago di Tovel. Per le sponde del lago c’è anche un sentiero da fare a piedi per godersi una bella passeggiata dove si attraversa la pietraia delle Glare, nata dalla grande frana del Monte Corno che ha dato origine alla conca dove si è formato il lago. Dalla località di Capriolo si passa dapprima in mezzo al bosco e in un attimo ci si ritrova nel bel mezzo di un paesaggio “lunare” fatto solo delle grandi rocce depositate dalla frana e dal ruscello che le attraversa. Arrivati al lago si rimane subito abbagliati dalla bellezza delle Dolomiti di Brenta, in particolare dal Grostè, che si specchia nelle sue acque smeraldine e la vegetazione circostante. In autunno si colora di verde, rosso e oro dando agli occhi del visitatore una sensazione di benessere e tranquillità che ho provato solo in pochissimi altri luoghi. Fino ad alcuni anni fa, in un particolare periodo dell’anno, il lago si tingeva completamente di rosso a causa di una alga che vi prosperava, ad oggi questo fenomeno naturale non accade più ma nell’antichità ha ispirato una leggenda popolare: la leggenda della principessa Tresenga, la figlia dell’ultimo re di Ragoli, chiesta in sposa da molti pretendenti che però la bella Tresenga insisteva a rifiutare.
Uno di questi, Lavinto re di Tuenno, non era assolutamente propenso a rassegnarsi, e dopo essere stato respinto per l’ennesima volta, mando il suo esercito contro Ragoli.
Nè la principessa nè il suo popolo però, erano disposti a sottomettersi all’arroganza del re Lavinto e nonostante fossero inferiori di numero, risposero all’attacco. La leggenda del lago di Tovel dice che la battaglia si sia combattuta sulle rive del lago e che la principessa Tresenga sia stata trafitta da un colpo di spada proprio dallo stesso Lavinto. Il popolo di Ragoli venne sterminato sulle rive del lago e il sangue dei morti in battaglia tinse il lago.
In questo nostro viaggio virtuale dei Laghi delle Dolomiti tra bellezza e leggende vi porto ora in Val Pusteria, precisamente nel Parco naturale di Fanes-Senes e Braies, in una location che in questo periodo ha visto accrescere la propria fama a causa di una seguitissima serie televisiva: il Lago di Braies.Ad accoglierci troviamo una palafitta, dove poter noleggiare la classica barchetta a remi per ammirare il lago e la maestosa cima della Croda del Becco da una inconsueta prospettiva, che ha le fondamenta nelle acque turchesi dalle sfumature smeraldine. Il sentiero, che si snoda per tutta la circonferenza del lago, è fatto di saliscendi e continui cambi di prospettiva dove il visitatore potrà provare forti emozioni e fotografare con la propria memoria giochi di luce e riflessi che vi rimarranno eternamente impressi. Anche lui ha la sua bella leggenda popolare, forse con finale meno triste di altre ma sempre con il fascino di antichi racconti:
“Una volta le montagne di Braies erano abitate da selvaggi, che non erano né malvagi né cattivi, ma venivano chiamati così a causa del loro aspetto. Questi selvaggi trascorrevano il loro tempo cercando oro e pietre preziose, la cui lucentezza essi amavano sopra ogni cosa. Non solo commerciavano la merce preziosa, ma creavano con essa anche diversi oggetti. Dopo qualche tempo, arrivarono dalla valle i pastori per far pascolare il loro bestiame sui meravigliosi prati verdi e fioriti intorno al Lago di Braies. Vennero così in contatto con i selvaggi, i quali mostrarono ai pastori i loro tesori, e continuarono a regalare loro anche collane o anelli fatti a mano. Lo scintillio dell’oro divenne un’ossessione per i pastori, che diventarono sempre più avidi. Questa avidità divenne vera e propria bramosia e così cominciarono a derubare i selvaggi. I selvaggi si infuriarono e cercarono di difendere i loro tesori, essendo superiori ai pastori come forza. Tuttavia i pastori erano molto più scaltri e così riuscirono a rubare sempre più oro e pietre preziose. Per difendere i loro possedimenti i selvaggi videro solo una soluzione: aprirono le fonti sotterranee, che si unirono formando una vasta superficie d’acqua e inghiottendo le loro ricchezze. Il lago così formato separava la valle dei pastori dalle montagne dei selvaggi, e dato che il lago era stato creato dai selvaggi, fu chiamato “Lago Selvaggio”. La valle da cui provenivano i pastori era la Valle di Braies, ed è per questo che il lago è denominato il Selvaggio Lago di Braies”.
Non allontanandoci più di tanto dalla Valle di Braies continuiamo alla scoperta dei I laghi delle Dolomiti tra bellezza e leggende. Saliamo ora verso le Tre Cime di Lavaredo attraversando il Cadore per raggiungere il Lago di Misurina. Uno dei laghi di origine glaciale situato più in alto di tutte le Dolomiti, 1754 s.l.m. Questo lago si caratterizza non soltanto per la limpidezza delle sue acque, ma anche per la purezza dell’aria che si respira. Sulle sue sponde è infatti ubicato l’istituto Pio XII, unico centro in Italia per la cura dell’asma infantile. Dalla sponda dove sorge il centro, potremo ammirare il “lato B” delle Tre Cime di Lavaredo che si specchia sulle acque cristalline del lago mentre, cambiando fronte, vedremo la maestosità del gruppo del Sorapiss, (Dolomiti Ampezzane) tuffarsi dentro le increspate acque dai riflessi multicolore. E proprio da qui nasce la leggenda della Principessa Misurina, secondo me quella con il finale più triste ma pur sempre affascinante:
“Misurina era una bambina viziata, molto capricciosa e dispettosa, ma era anche una bambina molto graziosa. Per il re Sorapiss, rimasto vedovo, era l’unica ragione di vita. Il re giustificava quindi il comportamento della bambina dando la colpa di tutto alla sofferenza che la piccola provava per la mancanza della figura materna. Al compimento dell’ottavo anno di età, Misurina venne a conoscenza dell’esistenza di una fata che viveva sul Monte Cristallo e che possedeva uno specchio magico, il quale dava il potere di leggere i pensieri di chiunque vi si specchiasse. Misurina supplicò lungamente il padre affinché le procurasse lo specchio, che desiderava a ogni costo, finché Sorapiss cedette e l’accompagnò. La fata resistette a lungo, perché non voleva accontentare quella bimba capricciosa ma, di fronte alle lacrime di Sorapiss, finì per acconsentire, ponendo però una condizione, nella speranza che il re e sua figlia rinunciassero. La fata possedeva un bellissimo giardino ricco di fiori stupendi sul Monte Cristallo, ma l’eccesso di sole li appassiva prematuramente. Sicché chiese, in cambio dello specchio, che Sorapiss accettasse di essere trasformato in una montagna, che proteggesse con la propria ombra il giardino della fata. Il re acconsentì. Quando Misurina ricevette lo specchio e venne informata del patto, non si scompose, anzi, si mostrò entusiasta all’idea che suo padre, per renderla felice, diventasse una montagna, sulla quale lei avrebbe potuto correre e giocare. Ma in quello stesso istante, mentre Misurina contemplava lo specchio, Sorapiss cominciò a trasformarsi, gonfiandosi e cambiando colore: i capelli divennero alberi e le rughe crepacci. Misurina si accorse improvvisamente di trovarsi in alto, sulla montagna che era stata suo padre e, rivolgendo lo sguardo in basso, fu colta da un capogiro e precipitò nel vuoto. Il re Sorapiss, nei suoi ultimi istanti di vita, dovette così assistere impotente alla tragica morte di sua figlia, sicché dai suoi occhi ancora aperti sgorgarono così tante lacrime da formare due ruscelli, i quali si raccolsero a valle formando un immenso lago, che prese il nome di Misurina. Lo specchio, cadendo, si infranse tra le rocce e i frammenti furono trascinati a valle dai ruscelli di lacrime del re, dove ancora oggi danno riflessi multicolori e che rendono ancora oggi il Lago di Misurina un luogo unico al mondo.”
Come Vi avevo anticipato, questa è la più tragica tra tutte le leggende popolari, anche quella del lago di Tovel non scherza, ma donano comunque fascino a questi luoghi che, nonostante il grande flusso turistico, rimangono incantanti.
Vi ho rubato 7 minuti di lettura ma spero di avervi reso, almeno un po’, partecipi delle emozioni vissute nelle mie visite dei Laghi delle Dolomiti tra bellezza e leggende.
Marco
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