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La Tuscia: una giornata tra Bolsena e “la città che muore”, Civita di Bagnoregio

Da qualche tempo a questa parte le meraviglie della Tuscia sono entrate nella lista dei luoghi da vedere assolutamente almeno una volta nella vita. Perciò, una domenica di primavera, ho deciso che quelle bellezze le avrei volute toccare con mano e ammirare con i miei occhi.

Quando si parla di Tuscia, si fa riferimento a quel territorio abitato nei tempi antichi dagli Etruschi, il cui nome all’epoca era quello di Tusci. Durante il Medioevo, con questo nome si voleva indicare la zona dell’Etruria e della Toscana, oggi, invece, si intende quelli che sono i territori dell’Alto Lazio e di quelle zone limitrofe di Umbria e Toscana che confinano con la Provincia di Viterbo.

Le località più famose sono indubbiamente Bagnoregio e Bolsena ed è per questo motivo che nel mio itinerario ho deciso di toccare queste due perle.

La mia giornata in Tuscia è iniziata di buon mattino scoprendo prima Bolsena e il lago che prende il suo nome, e, successivamente, quel famoso sperone di roccia in cui si adagia la splendida Civita di Bagnoregio.

Bolsena, sorge su un colle alle pendici dei Monti Volsini, e, grazie alla sua posizione, a 350 metri sul livello del mare, gode di una vista panoramica impareggiabile sul Lago di Bolsena e sulle zone limitrofe. Questa tranquilla cittadina di circa 4000 abitanti è divenuta nel corso del tempo un’importante e rinomata località turistica, non solo grazie alle invidiabile microclima che qui si trova, ma anche grazie alle bellezze del suo borgo.


Le origini di Bolsena sono antichissime, infatti resti di palafitte preistoriche sono state rinvenute nel lago. Camminare per le vie di questa cittadina è come essere catapultati in un passato dal sapore antico e genuino, dove botteghe tradizionali e scorci deliziosi si mescolano e dove i balconi delle case sono adornate di piante e fiori.

Le meraviglie storico – culturali della cittadine sono molteplici. Bolsena è dominata dalla Rocca Monaldeschi, simbolo della cittadina dal XIII secolo ed oggi sede del Museo Territoriale del Lago di Bolsena, custode di reperti archeologici etruschi e romani. E’ da questa rocca che si gode della vista più spettacolare sul Lago di Bolsena.


Un altro sito di interesse storico è la Collegiata di Santa Cristina, situata proprio all’entrata del borgo. Questa chiesa venne costruita in stile romanico nel XI secolo, per poi essere ristrutturata nel Quattrocento. Il nome della chiesa deriva dalla tragica storia della figlia del prefetto di Bolsena, Cristina, che, nel 292 si convertì al cristianesimo contro la volontà del padre. Egli, adirato, decise prima di torturarla, poi di gettarla nel lago con una pietra legata al collo. La pietra, piuttosto che tirare a fondo la giovane, iniziò a galleggiare e salvò la vita della fanciulla che per questo motivo divenne Santa. All’interno della Collegiata, nella Cappella del Miracolo, è oggi conservata la pietra con le impronte dei piedi di Santa Cristina.

Una visita la merita anche la Chiesa di San Francesco situata nei pressi del borgo, dalla parte opposta della Collegiata di Santa Cristina, così come la Chiesetta di San Salvatore.

La mia mattinata si è conclusa con un pranzo a base di pesce di acqua dolce sulle rive del lago. Non solo la vista è mozzafiato, ma anche il cibo regala emozioni: una delle specialità degne di nota è la cosiddetta “spigola di lago” alla bolsanese, ovverosia il pesce coregone servito arrostito al forno, una vera e propria delizia.

Ripartita da Bolsena, la mente si è subito diretta alla meta tanto agognata, ossia la “Città che muore“, Civita di Bagnoregio. Se non si vuole prendere la navetta che conduce direttamente alla rampa di accesso del borgo, si può fare una breve passeggiata tra le vie di Bagnoregio, di cui Civita è una frazione.

Una volta attraversato il paese, si arriva ad un piccolo belvedere, il Belvedere della Grotta di San Bonaventura, dove gli occhi e il cuore si riempiono di una bellezza folgorante e anche di un pizzico di instabilità e precarietà vista la posizione in cui si colloca Civita. Il borgo infatti si adagia su uno sperone cuneiforme di tufo all’interno della Valle dei Calanchi, in provincia di Viterbo, ed è abbracciata da due valli, quella del Fossato del Rio Torbido e quella del Fossato del Rio Chiaro. Il borgo appare come un’isola galleggiante in mezzo alla natura. Molti sono coloro che decidono di venire ad ammirarla al mattino molto presto per vedere il mare di nebbia che la circonda come fosse un isolotto.

La particolarità di questa Valle sta proprio nella sua conformazione geologica, fatta di onde immobili di argilla, i calanchi, che creano uno scenario suggestivo e unico. Il motivo per cui Civita è definita la “Città che muore” dipende, non solo dalla poca popolazione che ormai vi risiede stabilmente, 8 persone, ma soprattutto dal continuo lavorio degli agenti atmosferici che con il passare del tempo, con molta probabilità, trascineranno il borgo a valle.

Scesi dal belvedere, si arriva al sola via di accesso al borgo, il ponte pedonale costruito nel 1965 dopo che i numerosi collegamenti precedentemente costruiti, furono distrutti dai terremoti che si sono succeduti nel corso del tempo. Il ponte può essere percorso soltanto a piedi, al contrario dei residenti che possono richiedere permessi speciali ed attraversarlo anche con mezzi motorizzati, vedi il medico che con la sua Vespa può agilmente raggiungere il borgo.

Dopo aver percorso il ponte con il cuore in gola, non solo per l’emozione, ma anche per la pendenza, attraversate Porta Santa Maria e proseguite fino a Piazza San Donato caratterizzata dalla una pavimentazione in terriccio e sabbia, dove si celebra la Processione del Cristo Morto, il Venerdì Santo e dove a giugno invece si celebra il Palio della Tonna. Vi sembrerà di essere tornati davvero indietro nel tempo. Su un muro di un palazzo troverete questa iscrizione “Giunti così in alto, mentre vaghi per le vie di questo antico borgo, sii rispettoso. Della sua storia, ora fatta di silenzio, di voci portate dal vento, di fiori che sono la vita, abbi cura”, un chiaro invito al rispetto di un luogo la cui visita a noi oggi può sembrare cosa comune, ma non è da escludere che negli anni a venire possa diventare un vero e proprio privilegio, vista la sua precarietà.

Proseguite la vostra passeggiata nei vicoli del borgo, scoprendo cortili nascosti, altre piazzette suggestive, abitazioni medievali e rinascimentali adornate di fiori, e, non perdete l’occasione di affacciarvi ad una delle tante terrazze panoramiche che vi daranno la possibilità di ammirare e portare a casa un ricordo fotografico della immensa Valle dei Calanchi che vi si mostra davanti.

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